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Peso ideale del cane: come si calcola?

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28/Feb/2023


Il peso ideale del cane non è così semplice da definire, specialmente perché le taglie non sono sempre omogenee: il solo peso in kg, infatti, non è un chiaro ed esaustivo indicatore della condizione corporea.

Individuare il giusto peso corporeo è essenziale non solo per valutare lo stato di salute dell’animale, ma anche per calcolare il suo fabbisogno energetico e nutrizionale.

È importante evitare il sovrappeso, condizione che riduce in modo significativo la qualità di vita e che predispone allo sviluppo di problemi ortopedici, metabolici, cardiaci e respiratori, arrivando ad incidere negativamente anche sull’aspettativa di vita del cane.

Il BCS (Body Condition Score) è un sistema di valutazione dello stato di ingrassamento dell’animale basato sulla sua osservazione e palpazione in punti specifici: costole, fianchi, vertebre e ossa del bacino.

Ad ogni paziente il veterinario assegna un punteggio di BCS che può variare da 1 a 9: un valore pari a 4 o 5 indica una condizione corporea ideale, punteggi inferiori denotano una condizione corporea scarsa, ovvero un sottopeso, punteggi superiori sono indice di sovrappeso.

 

Chiedi aiuto al tuo veterinario e controlla il BCS del tuo cane:

BCS 1 (EMACIATO): costole, vertebre e prominenze ossee del bacino ben visibili anche a distanza, assenza di grasso corporeo, evidente perdita di tono muscolare. Percentuale di peso corporeo in meno rispetto ad un BCS 5: circa 40%

BCS 2 (MOLTO MAGRO): costole, vertebre e prominenze ossee del bacino visibili e chiaramente apprezzabili, grasso corporeo non rilevabile alla palpazione, lieve perdita di tono muscolare. Percentuale di peso corporeo in meno rispetto ad un BCS 5: circa 30%

BCS 3 (MAGRO): costole facilmente palpabili e talvolta visibili, vertebre e prominenze ossee del bacino lievemente sporgenti, grasso corporeo non rilevabile alla palpazione, piega addominale evidente, fianchi infossati con forma “a clessidra” se guardati dall’alto. Percentuale di peso corporeo in meno rispetto ad un BCS 5: circa 20%

BCS 4 (LEGGERMENTE MAGRO): costole facilmente palpabili con minima copertura di grasso, piega addominale evidente, fianchi visibili se guardati dall’alto. Percentuale di peso corporeo in meno rispetto ad un BCS 5: circa 10%

BCS 5 (CONDIZIONE CORPOREA IDEALE): costole palpabili rivestite da uno strato di grasso non eccessivo, fianchi visibili se guardati dall’alto, rientro dell’addome se guardato di lato.

BCS 6 (LEGGERMENTE SOVRAPPESO): costole palpabili con lieve eccesso di grasso di copertura, i fianchi si distinguono in modo poco evidente, rientro dell’addome poco marcato. Percentuale di peso corporeo in eccesso rispetto ad un BCS 5: circa 10%

BCS 7 (SOVRAPPESO): costole ricoperte da uno spesso strato di grasso e difficilmente rilevabili alla palpazione, depositi di grasso evidenti sulla regione lombare e alla base della coda, fianchi non visibili, rientro dell’addome occasionalmente presente. Percentuale di peso corporeo in eccesso rispetto ad un BCS 5: circa 20%

BCS 8 (GRAVEMENTE SOVRAPPESO): costole non rilevabili ricoperte da uno strato di grasso molto spesso, abbondanti depositi di grasso sulla regione lombare e alla base della coda, fianchi non visibili, distensione addominale. Percentuale di peso corporeo in eccesso rispetto ad un BCS 5: circa 30%

BCS 9 (OBESO): voluminosi depositi di grasso sul torace, lungo la colonna vertebrale e alla base della coda, fianchi non visibili, depositi di grasso presenti anche sul collo e sugli arti, notevole distensione addominale. Percentuale di peso corporeo in eccesso rispetto ad un BCS 5: circa 40%


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20/Ott/2022


Il diabete mellito è indubbiamente una delle più frequenti malattie endocrine sia del cane che del gatto. Si tratta di un insieme di disturbi metabolici caratterizzato da uno stato di iperglicemia persistente dovuto a un deficit di secrezione e/o di azione dell’insulina (ovvero l’ormone prodotto dal pancreas che ha la funzione di mantenere sotto controllo la concentrazione di glucosio nel sangue).

In Medicina Veterinaria non esistono criteri internazionalmente accettati per la classificazione del diabete, tuttavia, la malattia viene comunemente distinta in:

  • Diabete mellito di tipo 1: forma più frequente nel cane, per il quale è riconosciuta una predisposizione di razza e una forte base genetica. Si tratta di una malattia autoimmune multifattoriale che determina la distruzione delle cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina, con progressiva carenza della stessa.
  • Diabete mellito di tipo 2: forma più frequente nel gatto. Il pancreas produce insulina correttamente, ma alcuni fattori come l’iperglicemia, l’obesità e l’inattività determinano un aumento dell’insulinoresistenza, rendendo questo ormone meno efficace. E’ stato dimostrato che i gatti obesi sono 4 volte più predisposti a sviluppare il diabete rispetto ai gatti normopeso.

 

L’obiettivo del trattamento nel paziente diabetico consiste nel controllo della glicemia attraverso una corretta terapia dietetica associata alla somministrazione di insulina e appropriato esercizio fisico. Per una corretta gestione alimentare del diabete è necessario tenere conto non solo delle caratteristiche nutrizionali della dieta ma anche delle quantità e delle modalità di somministrazione.

 

Le proprietà nutrizionali della dieta: 

1. L’acqua

Per quanto possa sembrare scontato, è giusto sottolineare l’importanza della costante presenza di acqua fresca a disposizione, in funzione della poliuria e polidipsia che ne caratterizzano il quadro clinico.

2. I carboidrati digeribili

La scelta della fonte di amido da includere nella dieta è di estrema importanza in quanto condiziona direttamente la glicemia post-prandiale. Amido e zuccheri sono, difatti, costituiti da glucosio. Tra le diverse fonti di carboidrati impiegabili nell’alimentazione del cane andrebbero preferite quelle ricche di fibra solubile come alcuni cereali (orzo, avena, segale) e alcuni  legumi (piselli, fagioli, lenticchie). L’effetto gelificante di questo tipo di fibra rallenta i processi digestivi e aiuta ad evitare bruschi aumenti della glicemia post-prandiale. Sarebbe da evitare, invece, l’impiego di alimenti ad alto indice glicemico come riso, frumento, mais e patate, così come la somministrazione di snack semi-umidi (generalmente molto ricchi di zuccheri che ne migliorano la conservabilità), in quanto possono causare picchi glicemici molto elevati. Anche la quantità di amidi della dieta influenza la glicemia e dovrebbe essere limitata, soprattutto nel gatto, la cui attitudine carnivora rende più difficile la gestione del glucosio che origina dalla digestione dei carboidrati.

3. La fibra

Oltre ad essere utile per il controllo della glicemia post-prandiale, l’impiego di alimenti ricchi di fibra aiuta a ridurre la densità energetica della dieta, favorendo la perdita di peso in presenza di obesità o sovrappeso. 

4. Le proteine

Le diete per cani e gatti diabetici sono in genere ricche di proteine. In particolare nel gatto, diete molto ricche di proteine e povere di amido stimolano la gluconeogenesi epatica determinando una immissione costante di glucosio nel sangue ed evitando i picchi glicemici che caratterizzano l’assunzione di un pasto ricco di carboidrati. 

5. I grassi

A causa delle dislipidemie (ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia) che spesso caratterizzano il diabete è opportuno non eccedere con il tenore di grassi. Tra le fonti lipidiche impiegabili può essere utile inserire l’olio di pesce (come l’olio di salmone), in quanto gli omega-3 in esso contenuti possono contribuire a trattare le dislipidemie e sembrano migliorare il controllo della glicemia nel gatto attraverso una riduzione dell’insulinoresistenza. 

Infine, la dieta deve contenere quantità adeguate dei nutrienti persi a causa della poliuria (magnesio, elettroliti, vitamina D, vitamine idrosolubili). Possibili benefici sul metabolismo di grassi e zuccheri sembrano anche associati all’integrazione della dieta con cromo e antiossidanti (quercetina e altri polifenoli di origine vegetale).

 

La gestione alimentare: 

Una volta scelta la dieta più appropriata, rimangono da definire la quantità di cibo e il numero di pasti che l’animale riceverà quotidianamente. 

Come si è già detto spesso il diabete mellito di tipo 2 è associato ad una condizione di obesità ed esiste evidenza del fatto che, molte volte (circa nel 30-40% dei casi), riportando l’animale al proprio peso forma l’insulinoresistenza regredisce fino alla risoluzione del quadro clinico. In questi casi la quantità di cibo verrà calcolata in modo da favorire il dimagrimento del gatto attraverso una restrizione del contenuto calorico.

Il numero e l’orario dei pasti dovranno essere il più costanti possibile. In genere, nel caso del cane, si procede alla somministrazione di due pasti giornalieri seguiti dalla somministrazione di insulina. Nel gatto, nonostante la doppia somministrazione giornaliera di insulina, il cibo può rimanere a disposizione coerentemente con il normale comportamento alimentare di questo animale.

 

In conclusione, la gestione del diabete mellito non può prescindere dalla corretta gestione dell’alimentazione del paziente. Nel gatto in particolare, questa patologia è spesso la conseguenza di una situazione di insulinoresistenza secondaria ad obesità e la correzione del sovrappeso rappresenta una possibile via di remissione della malattia. Con un diabete ben controllato, l’aspettativa di vita di un paziente diabetico è simile a quella di un soggetto sano.


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Sulla linea di pensiero del “prevenire è meglio che curare”, vi invito ad affacciarvi al mondo della medicina preventiva. Si tratta di essere proattivi, e non passivi, nei confronti della salute. Salva tutti i pazienti? Assolutamente no. E allora che senso ha? A me, medico veterinario, basta che ne salvi qualcuno.

Lo sappiamo bene: non abbiamo la capacità divina di impedire la diffusione e l’evoluzione degli stati morbosi, eppure qualche strumento ce l’abbiamo. E ve lo proponiamo, nero su bianco: far controllare periodicamente il vostro amico a quattro zampe permette di mettere in evidenza eventuali sintomi che magari a voi sfuggono: che si tratti di un esame del sangue o di un dettaglio messo in luce durante la raccolta dell’anamnesi (“ultimamente beve come un matto, ho pensato che magari ha solamente tanta sete?”), potrebbe essere un’informazione chiave che se raccolta dal medico veterinario allunga l’aspettativa di vita dell’animale.

Ci sono una serie di controlli periodici che si rivelano utili in questo senso: il primo di tutti è una visita clinica normale, eventualmente corredata di esami ematobiochimici di base.

Ci sono poi fattori come età, predisposizione di razza, presenza di sintomi clinici compatibili con un cane dall’aspetto sano, che concorrono a identificare il paziente che necessita di uno studio più approfondito.

Quando diventa importante richiedere, ad esempio, una visita cardiologica?

Trovate qualche informazione in più a questi link:


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Quando il cuore, che è l’organo fondamentale per l’ossigenazione dei tessuti, non funziona a dovere, il risultato è sinonimo di ipossia: anche il minimo movimento rappresenta un aumento eccessivo del fabbisogno in ossigeno e il cuore deve fare un “super lavoro” per cercare di compensare la sua situazione deficitaria.

 

Non c’è un’età media per problemi cardiaci in generale, si tratta di patologie diverse tra loro che possono colpire animali giovani (congenite) oppure animali adulti-anziani (acquisite).

Per questo motivo è utile conoscere i seguenti sintomi per poterli riconoscere:

 

  1. STANCHEZZA/DEBOLEZZA CRONICA: l’animale evita il movimento se può, appare debole, si affatica con poco, fa qualche passo o le scale e ha già il fiatone.
  2. AFFATICAMENTO SOTTO SFORZO: l’animale riesce a fare le solite cose di routine, ma se prova a fare una corsa per rincorrere la pallina o se gioca al parco con altri cani si stanca notevolmente e deve fermarsi spesso per recuperare energie.
  3. EPISODI DI SVENIMENTO: l’animale sembra “svenire” in particolare se sta facendo una qualche attività fisica (salutare i padroni che tornano a casa, andare in passeggiata, correre), salvo poi riprendere conoscenza dopo pochi secondi (attenzione, è fondamentale confrontarsi con un veterinario perché è una sintomatologia che può essere confusa con un quadro neurologico).
  4. DIFFICOLTA’ RESPIRATORIE (DISPNEA ACUTA): in questo caso vi è uno scompenso cardiaco del cuore di sinistra tale da portare a una grave conseguenza conosciuta come edema polmonare (urgenza clinica); in questo caso l’animale tiene la testa estesa sul collo, nella posizione che gli consente di respirare meglio, e si concentra unicamente sul suo respiro perché è molto difficoltoso; si tratta di una raccolta di liquido a livello del polmone che quindi non può più funzionare a dovere e necessita di una terapia farmacologica d’urto.
  5. ADDOME GONFIO (ASCITE): si tratta invece di uno scompenso cardiaco del cuore di destra, si raccoglie del liquido nella cavità addominale, non è una situazione urgente ma crea molto fastidio all’animale e quindi è importante non trascurarla.

 

Molte situazioni croniche possono essere tenute sotto controllo a lungo nel tempo, con l’aiuto di monitoraggi e di terapie farmacologiche che vanno aggiustate in modo preciso come un abito su misura per il singolo paziente.

 

E la tosse cardiaca? Ne parliamo QUI.


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Un cane cardiopatico non ha una spada di Damocle che gli pende sulla testa, tuttavia non può essere trattato come un cane sano. Alcune accortezze potrebbero allungare di molto il suo passaggio sulla terra! Vediamole insieme.

 

  • moderata e costante attività fisica: senza accelerate, salti e corse, delle passeggiate brevi e frequenti lo manterranno in salute dal punto di vista sportivo; un animale che non si muove mai, che conduce uno stile di vita troppo sedentario, finirà per andare incontro a uno scompenso anche solo alzandosi per salutarvi o per saltare sul divano!
  • pesoforma: un cane obeso è soggetto a maggiori rischi: è come andare sempre in giro con uno zaino da montagna carico di cianfrusaglie: lo sforzo da fare anche solo per un giretto diventa notevole, no?! Parlate col vostro veterinario per una dieta, oppure cercate in commercio un alimento adatto in modo da razionare le sue porzioni quotidiane e rimetterlo in forma gradualmente in modo sicuro.
  • rispettate i controlli dal veterinario: se vi viene consigliata una cadenza semestrale, non saltate l’appuntamento solo perchè “lo vedete bene”, vale sempre la pena di farlo vedere da un professionista! Alcuni sintomi subdoli per il proprietario sono pane quotidiano per il medico veterinario.
  • rispettate la posologia dei farmaci: come dicevo in un altro articolo, la terapia cardiologica è come un abito su misura; se avete difficoltà a somministrare una pastiglia comunicatelo apertamente al vostro cardiologo che vi mostrerà il modo più efficace per somministrarla oppure quando possibile vi offrirà un’alternativa valida (punture, sciroppi). In questa patologia è fondamentale la costanza per non rischiare di andare incontro a un evento acuto.

Non scordate vaccinazioni e profilassi: un cardiopatico è un paziente che se si ammala (di leptospirosi, di polmonite, di laringite, di gastroenterite per fare qualche esempio) è sempre più a rischio di un soggetto sano. Preservare quando si può la sua salute almeno per quelle malattie contro le quali abbiamo delle valide cartucce è quindi fondamentale!





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