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L’OTITE NEL CANE E NEL GATTO

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27/Mar/2022


L’orecchio esterno è formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno, che sono ricoperti da un epitelio contenente follicoli piliferi e diversi tipi di ghiandole, come quello che ricopre la maggior parte del corpo.

L’otite viene classificata come esternamedia o interna in base a quale tratto dell’orecchio è interessato; l’otite esterna é la più frequente nei nostri amici a quattro zampe, però purtroppo spesso l’otite esterna può estendersi all’orecchio medio, poiché orecchio esterno ed orecchio medio sono separati solo dal sottile timpano.

L’otite esterna nel cane è uno dei motivi più frequenti di visita dal veterinario, e le cause sono frequenti: corpi estranei auricolari, otiti parassitarie, forme allergiche, neoplasie,..

Nel gatto l’otite esterna è meno frequente ma comunque presente, spesso provocata da parassiti come gli acari.

Quali sono i principali campanelli d’allarme che devono far pensare ad una possibile otite esterna?

Scuotimento della testa, prurito a livello della regione auricolare (l’animale può strusciare la testa a terra o contro piante, mobili e pareti oppure può grattarsi con le zampe), presenza di materiale nei condotti uditivi, cattivo odore e nei casi più gravi testa inclinata da un lato.

La visita ha come obiettivo quello di identificare l’eventuale presenza di fattori predisponenti o di cause primarie di otite esterna (parassitosi, corpi estranei quali i cosiddetti forasacchi, forme allergiche, neoformazioni, etc) e le cause secondarie, quali batteri e lieviti, agenti eziologici normalmente presenti nel condotto uditivo ma che possono aumentare quando l’equilibrio viene a mancare.

Le otiti, sopratutto se trascurate o non trattate nel modo corretto, sono spesso un problema frustrante per il proprietario e fastidioso/doloroso per il nostro pet, è quindi importante affrontare il problema alla comparsa dei primi sintomi in modo tale da evitare complicanze ed arrivare ad una rapida guarigione!!


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10/Mar/2022

La “Rinotracheite infettiva del bovino”, nota con l’acronimo IBR, è una malattia dei bovini causata da un virus (BoHV-1)

Chi colpisce l’IBR?

Non solo il bovino!

Anche bufali, bisonti, ovini, caprini, suini e diversi selvatici.

Non è pericoloso per l’uomo.

Perché è pericoloso?

Il virus che causa questa malattia ha una caratteristica particolare: si “annida” nell’organismo, e “viene fuori” quando l’animale è stressato o immunodepresso. 

Questa peculiarità si chiama latenza

In pratica, il comportamento è simile alla varicella umana, che in particolari condizioni, può manifestarsi come Fuoco di Sant’Antonio.

Le condizioni che favoriscono la ricomparsa dei sintomi possono essere, ad esempio, la concomitanza con altre patologie, il trasporto, cambi di alimentazione.

Perché è nell’interesse dell’allevatore controllare l’infezione?

Questa malattia può causare ingenti perdite economiche, dovute a mortalità, grave affezione dello stato generale dell’animale, aborti.

Come riconosco l’IBR?

Vi sono due forme cliniche principali: una respiratoria, ed una genitale.

  • Per la respiratoria si rilevano febbre, tosse, scolo nasale, congiuntivite, brusco calo della produzione lattea, aborto o infertilità.
  • Per la forma genitale, invece, causa la comparsa di pustole biancastre sulla vulva o sul pene, a seconda del sesso.

Generalmente, l’aborto avviene tra il quinto ed il settimo mese di gravidanza.

Come faccio a sapere se c’è nella mia stalla?

Per prima cosa, è indispensabile il parere del veterinario di fiducia.

Si può cercare direttamente il virus su animali sintomatici o sul feto abortito, oppure si può provare il “passaggio” del virus attraverso la ricerca di anticorpi specifici.

Saranno positivi alla ricerca di anticorpi gli animali che sono stati infettati, i vaccinati, e i vitelli fino ai 6 mesi di età che hanno assunto il colostro della madre positiva o vaccinata.

Con alcuni vaccini si può distinguere tra animali che sono stati infettati e vaccinati.

Come faccio a sconfiggere l’IBR?

Prevenire è meglio che curare. 

Limitare al minimo indispensabile gli acquisti e le movimentazioni di animali. Meglio evitare del tutto di “portare” il virus in stalla.

Se non c’è circolazione virale in stalla, quindi è sieronegativa, attenersi a più rigorosi standard di biosicurezza (non comprare animali se non necessario, e se capita di doverne comprare, preferire animali provenienti da stalle di allevatori sieronegative a basso rischio o indenni). 

Se la stalla è sieropositiva, controllare e minimizzare sempre l’acquisto di animali, vaccinare (meglio con vaccino marker) a tappeto (NOTA BENE: leggere con MOLTA ATTENZIONE il libretto illustrativo dei vaccini. Fare affidamento al veterinario di fiducia). 

Mettere come criterio di decisione di riforma la sieropositività (da virus e non da vaccino) per la riforma (es: devo scegliere chi riformare tra due animali, se uno è positivo a virus o anticorpi contro lo stesso non derivanti da vaccino, gli do la priorità).

Riassumendo:

Hai comprato animali, hai problemi di fertilità, e sono presenti casi di positività a prove antigeniche (virus) o sierologiche (anticorpi)?

  • Controllo sierologico (Sieroneutralizzazione virale / test ELISA) su tutti gli animali di nuova introduzione ed isolamento/eliminazione dei soggetti infetti
  • Quarantena per i soggetti di nuova introduzione con due controlli sierologici a distanza almeno di 3 settimane
  • Impiego di vaccini marker (deleti gE negativi), inattivati o vivi attenuati, sulla base dello stato sanitario dell’allevamento 
  • Controllo dei maschi adibiti alla fecondazione (toro se presente in mandria)
  • Profilassi igienico-sanitaria ed applicazione di adeguate misure di biosicurezza per ridurre il rischio di introduzione/persistenza/diffusione del virus in allevamento

 

Se ancora hai dei dubbi a riguardo, guarda il video qui sotto!





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Direttore Sanitario Dr. Giacomo Riva iscritto all’Ordine dei Veterinari di Parma al n° 487




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